sabato 29 gennaio 2011

Appello per una legge regionale a garanzia della gestione pubblica dei servizi di interesse generale a rilevanza locale



APPELLO AL PRESIDENTE DELLA REGIONE MARCHE GIAN MARIO SPACCA
PER UNA LEGGE REGIONALE A GARANZIA DELLA GESTIONE PUBBLICA
DEI SERVIZI DI INTERESSE GENERALE A RILEVANZA LOCALE

Egregio Gian Mario Spacca
Presidente Regione Marche

come Le è certamente noto la Corte di Cassazione e la Corte Costituzionale hanno dichiarato legittimi ed ammissibili due dei tre quesiti referendari, promossi dai Movimenti per l’acqua pubblica e quindi, in una data compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno 2011, gli italiani avranno la possibilità di pronunciarsi sulle modalità di gestione del servizio idrico.

La Regione Marche può vantare, a livello di bilancio idrico, un patrimonio naturale di sorgenti e di risorse idriche di buona qualità e a livello di politiche di gestione si è sempre caratterizzata per una attenta politica a difesa dell’acqua come “Bene comune” e per modalità di gestione che hanno visto i consorzi fra Comuni, assieme ai cittadini, come attori fattivamente impegnati a perseguire questi obiettivi sul territorio.

Lei stesso, Presidente Spacca, in occasione della presentazione del suo programma di legislatura si è impegnato a “promuovere e tutelare la gestione pubblica dei beni primari, quali ad esempio l’acqua” e va preso atto che la Giunta della Regione Marche da Lei presieduta ha sollevato di fronte alla Corte Costituzionale la questione di legittimità dell’art. 23 bis del Decreto Ronchi; inoltre dopo la bocciatura da parte della Corte Costituzionale del ricorso presentato, nel mese di novembre ha definito con l’ art. 38 della Legge di Assestamento di Bilancio  “il servizio idrico come un servizio di rilevanza non economica.

Con questa stessa delibera la Regione Marche si è impegnata a
  • confermare il principio della proprietà e gestione pubblica del servizio idrico integrato, riconoscendo la rilevanza non economica di detto servizio;
  • intraprendere tutte le iniziative, anche legislative, che privilegino le forme di gestione pubblica del servizio idrico integrato e con la partecipazione delle comunità locali;
  • sostenere azioni di sensibilizzazione dell'opinione pubblica sui temi dell'accesso garantito all'acqua".
Esiste quindi una volontà politica da parte della Regione Marche di mantenere in mano ”pubblica” la gestione del servizio idrico, e questo obiettivo trova riscontro nell’impegno di diverse Amministrazioni comunali, che sulla base di pressioni esercitate anche dai Comitati di cittadini, hanno approvato a livello di Consiglio Comunale l’impegno a modificare il proprio Statuto Comunale (e qualche Amministrazione Comunale lo ha già fatto) inserendo il riconoscimento del Diritto all’acqua e la classificazione del servizio idrico come privo di rilevanza economica, cioè atti amministrativi in attuazione di impegni condivisi e proposti dalla stessa Regione.
Rispetto a questo orientamento della Regione Marche occorre però prendere atto che il Consiglio dei Ministri ha impugnato nel mese di dicembre la delibera di assestamento di bilancio 2010 della Regione Marche, contestandone la legittimità costituzionale in tre punti.
Le decisioni adottate dalla Regione e censurate dal Governo sono le seguenti :
  • alcune disposizioni sugli scarichi di acque urbane che violano la competenza legislativa esclusiva dello Stato;
  • la definizione del servizio idrico integrato come privo di rilevanza economica in contrasto con la normativa statale di riferimento;
  • l'affidamento del servizio di gestione dei rifiuti, disciplinato in modo difforme rispetto alla normativa statale.

Queste disposizioni, impugnate dal Governo, sono attinenti alla competenza e alle modalità di gestione dei Servizi pubblici locali disciplinati dall’art 23 del decreto Ronchi, sul quale è pendente il primo dei tre quesiti referendari, promossi dal Comitato referendario nazionale “2 Sì per l'Acqua Bene Comune” che propone l’abrogazione dell’art. 23 bis della Legge n. 133/2008, cosi come modificato dall'art.15 del decreto 135/2009 (c.d. Decreto Ronchi) relativo alla privatizzazione dei servizi pubblici locali, compreso quello idrico.

Abrogare questa norma significa in particolare contrastare l’accelerazione sulle privatizzazioni imposta dal Governo che sancisce la decadenza delle concessioni in essere ed obbliga, al 31.12.2011, gli Enti locali a consegnare definitivamente al mercato i servizi idrici del nostro Paese.

Alla luce di questo scenario, a nome dei cittadini che con le oltre 44.000 firme raccolte nella Regione hanno sostenuto la campagna referendaria, sulla base degli impegni contenuti nella delibera Regionale n. 38 approvata nel novembre dello scorso anno, rivolgiamo a Lei signor Presidente le seguenti istanze:
  • la difesa del modello di servizio idrico integrato gestito in forma associata fra Comuni presso l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, a sostegno delle richieste di mantenimento della gestione in-house del sevizio; queste istanze sono peraltro già state presentate da diverse ATO della Regione Marche;
  • l’approvazione da parte della Regione, in adempimento degli obblighi previsti dal decreto Calderoli sulla soppressione degli ATO e la riorganizzazione del SII, di una legge regionale di riorganizzazione del servizio idrico integrato. Tale legge consentirebbe alla Regione di riaffermare con un provvedimento legislativo specifico la volontà della Regione sancita con la delibera 38/2010. Essa dovrebbe inoltre riconfermare il SII come privo di rilevanza economica, classificandolo come un “servizio pubblico di interesse generale a rilevanza locale”. La Regione Marche con questo provvedimento potrebbe affidare il governo delle risorse idriche, o dei Servizi Pubblici Locali, ad Aziende Speciali Consortili composte dai Comuni che fanno parte degli attuali ATO, anziché conferirlo alle Province; a livello gestionale la Regione potrebbe riconfermare un modello di gestione diretta - al di fuori della concorrenza e quindi solo a valenza di ambiti regionali - che salvaguardi la peculiarità del modello di gestione in house attraverso forme associate fra Comuni.

Siamo consapevoli che l’avvio di una Legge regionale improntata a questi principi sarà oggetto di impugnazione da parte del Governo. Però, in funzione delle competenze a loro affidate dall’ art. V della Costituzione e di quelle conferite anche dai decreti sul Federalismo Fiscale, le Regioni possono rivedere la loro competenza ed autonomia organizzativa su beni demaniali loro conferiti dallo Stato, come nel caso delle risorse idriche.
L’approvazione di un provvedimento orientato su questi principi avrebbe l’effetto immediato di offrire ai Comuni della Regione Marche un quadro legislativo di tutela delle gestioni in essere, in attesa dello svolgimento dei Referendum che, se raggiungeranno il quorum, determineranno l’abrogazione dell’art. 23 del decreto Ronchi. L’effetto conseguente alla abrogazione dell’art. 23 del decreto Ronchi, sarà il ripristino a livello nazionale delle tre modalità di affidamento previste dall’ 113 del TUEL. per i servizi pubblici locali e quindi la riassegnazione delle competenze e delle modalità di affidamento ai Comuni di detti servizi.
Conseguentemente sarà possibile per gli Enti locali, Regioni e Comuni, richiamarsi anche ai principi della giurisprudenza comunitaria in tema di gestione dei servizi pubblici locali.

Alla luce di queste considerazioni, si ritiene che nel breve periodo le strategie che le Regioni possano mettere in atto a livello dei territori, in funzione anche della legge sul federalismo in fase di approvazione in Parlamento, è quella di adottare provvedimenti a tutela della autonomia dei Comuni e della salvaguardia della gestione diretta da parte di società dei servizi primari, come l’accesso all’acqua ed alla salute.

L’acqua è un bene essenziale per la vita, un diritto umano universale che appartiene a tutti. Nessuno può appropriarsene, né farci profitti.

Ci auguriamo che questa richiesta possa essere positivamente accolta da Lei signor Presidente

S. Benedetto del Tronto 7 febbraio 2011

venerdì 28 gennaio 2011

SCIOPERO GENERALE - 28 gennaio 2011

Voglio essere molto chiaro: sulla vertenza Mirafiori, condivido le ragioni che inducono la FIOM a proclamare oggi, 28 gennaio 2011, lo sciopero generale dei metalmeccanici.
La propaganda governativa continua a blaterare che la situazione economica mondiale è cambiata e che l'accordo è un ragionevole compromesso fra le esigenze del mondo del lavoro e di quello dell'impresa.
E' una palese menzogna.
FIAT ha annunciato ieri che distribuirà dividendi agli azionisti, pagati con una moneta sonante: la rinuncia dei lavoratori a diritti come la malattia, lo sciopero, la contrattazione collettiva.
L'obiettivo è smontare il sistema delle relazioni sindacali creato dal movimento operaio italiano in un secolo di lotte ed imporre un modello autoritario, complice un governo illiberale.
Si calpesta persino la libertà dei lavoratori e delle lavoratrici di decidere a quale sindacato aderire per difendere collettivamente i propri diritti e di eleggere i propri rappresentanti in azienda. 
Il Ministro Sacconi rimprovera alla Fiom di aver proclamato uno sciopero politico. E  il collateralismo del governo al piano di Marchionne, l'adesione pubblica di Berlusconi cosa sono?
Credo che noi socialisti non possiamo accettare inerti che si compia questo disegno.

No al ricatto! Sì ai diritti! 

giovedì 27 gennaio 2011

27 gennaio - Giornata della Memoria

Io sono ebreo.
Ma sono anche il nero picchiato per il colore della pelle.
L'omosessuale picchiato per il suo orientamente sessuale.
La donna violentata per soddisfare l'istinto animale.
Il dolore di ciascuno è anche il mio dolore.
                                Di ciascuna persona. Vicina o lontana.
                             Una persona.
                               

 

martedì 25 gennaio 2011

*Mozione del Presidente del Gruppo Consiliare "Alleanza Riformista/PSI" dell'Assemblea Legislativa delle Marche, Moreno Pieroni, sulla situazione economico - occupazionale dell'Officina FS di Ancona e Fabriano*

Inauguro i miei interventi in questo blog - per la cui elegante veste grafica ringrazio il webmaster Dino Recchi - riportando il testo della mozione presentata dal nostro Consigliere Regionale Moreno Pieroni.
Condivido in pieno la sua preoccupazione che vengano mantenuti i livelli occupazionali di quell'impianto e dell'indotto e voglio invitarlo ad indirizzare la sua sensibilità anche ad altre realtà territoriali afflitte da identici mali, come il Piceno, senza  con questo alimentare sterili polemiche campanilistiche.
Riccardo Morelli
 
- Al Presidente dell'Assemblea Legislativa delle Marche

Oggetto: MOZIONE sulla situazione economico - occupazionale dell'Officina FS di Ancona e Fabriano.

VISTO
il "Contratto di Servizio" per il Trasporto Pubblico Ferroviario di interesse regionale e locale stipulato il 13 Novembre 2009 a Macerata tra la Regione Marche e la Società Trenitalia S.p.A.;
CONSIDERATO
che in tale Contratto di Servizio con validità per gli anni 2009-2014 oltre che dei "servizi per l'utenza" si parla di "lavoro" prevedendo un "restyling" di 150 vetture MDVE negli anni 2010-2012;
CONSIDERATO INOLTRE
che tale "restyling" sarebbe sarebbe stato realizzato dall'impianto di manutenzione rotabili di Trenitalia (ex Officina Locomotive) di Ancona e Fabriano e che, lo stesso impianto, offre oggi lavoro a circa 180 persone con un indotto di oltre il doppio.
Tale Officina FS è, infatti, per attività e qualificazione della manodopera una delle quattro più importanti d'Italia;
RILEVATO
che in tutto il 2010 nessuna delle 50 vetture di cui era previsto che venisse effettuato il "restyling" è stata realizzata e che questo sarebbe il presupposto per un forte ridimensionamento se non per la chiusura di tale Officina;
RILEVATO INOLTRE
che si tratterebbe di una tendenza, visti anche gli sviluppi della crisi dei Cantieri Navali di Ancona e di molte altre aziende nelle Marche, che si sta facendo sempre più pericolosa per l'intero sistema produttivo marchigiano che già soffre, da tempo, di una progressiva deindustrializzazione e destrutturazione e che tutto ciò non può non suscitare la nostra profonda preoccupazione anche per la stasi e l'assordante "silenzio" sulla vicenda Officina FS di Ancona e Fabriano;
PRESO ATTO
delle, ripetute, dichiarazioni pubbliche del Sindaco di Voghera, Carlo Barbieri, nelle quali, dopo due incontri ufficiali (a Settembre e Novembre) con il Presidente di Trenitalia S.p.A., Marco Zanichelli, testualmente afferma di avere ottenuto garanzie dal Presidente di Trenitalia S.p.A. sul futuro dell'Officina ferroviaria di Via Lomellino di Voghera e che "mi è stato garantito che gran parte delle attività che venivano svolte nelle Marche si faranno a Voghera, a partire dal cosiddetto "restyling" alle vetture ossia il rifacimento delle parti interne di gran parte degli intercity viaggianti";
RITENUTO
che tutto ciò, oltre ad essere in palese contrasto ed in violazione del Contratto di Servizio, stipulato solo pochi mesi prima, tra la Regione Marche e Trenitalia S.p.A. con i relativi, enormi, danni che verrebbero arrecati alla città di Ancona ed all'intero sistema economico - occupazionale marchigiano, sarebbe una dimostrazione di quanto siano fondate le preoccupazioni di chi teme che il Federalismo che, effettivamente, si persegue sia quello divisivo e discriminatorio e non, invece, quello solidale che rafforza la tenuta unitaria del "sistema" Italia;

TUTTO CIO' PREMESSO
l'Assemblea Legislativa delle Marche

I M P E G N A
il Presidente e la Giunta Regionale ad attivare con urgenza ogni utile iniziativa politico - istituzionale atta a:
1) ottenere, da Trenitalia S.p.A., il rispetto di quanto previsto nel Contratto di Servizio firmato tra le parti il 13 Novembre 2009 a Macerata;
2) richiedere l'intervento del Ministero dei Trasporti per garantire, in ogni caso, la salvaguardia dell'Officina FS di Ancona e Fabriano a partire dai livelli occupazionali sia dell'impianto che del relativo indotto.

Ancona, li 25 Gennaio 2011

MORENO PIERONI
(Presidente Gruppo Alleanza Riformista/PSI)

mercoledì 19 gennaio 2011

NENCINI: LA SINISTRA VINCE SOLO QUANDO E' RIFORMISTA

Al convegno "Novant'anni di solitudine" un minuto di silenzio in memoria di Bettino Craxi
 
NENCINI: 
LA SINISTRA VINCE SOLO QUANDO E' RIFORMISTA 
 
mercoledì 19 gennaio 2011
 
"La storia ci insegna che quando nella sinistra prevale il massimalismo, gli elettori non hanno dubbi e premiano la destra". Lo ha sottolineato il segretario del Psi, Riccardo Nencini, concludendo l'incontro "1921-2011: Novant' anni di solitudine del riformismo" che si e' svolto oggi a Roma, a undici anni dalla morte di Bettino Craxi, deceduto proprio il 19 gennaio del 2000 ad Hammamet e che i partecipanti al convegno hanno ricordato al termine con un minuto di silenzio.
"Nel 1948, nel 1994 come nel 2006 il centro sinistra e' stato sconfitto perche' contrassegnato da una forte componente radicale. Nel '94 -ha ricordato Nencini- i Progressisti di Achille Occhetto hanno subito una sconfitta irreparabile aprendo il campo a Berlusconi e nel 2006 la sinistra ha conosciuto la stessa sorte alleandosi con Antonio Di Pietro. La sinistra e' riuscita a prevalere quando si e' alleata ai cattolici democratici e grazie alla presenza di un riformista moderato come Romano Prodi".
Quindi, secondo Nencini, una formula vincente per battere Berlusconi e il centro destra esiste ed e' stata gia' collaudata con successo. "Nei casi di particolare debolezza di un Paese sul fronte politico, economico e sociale -situazione nella quale si trova in questo momento l'Italia- la risposta deve sempre essere riformista. Di conseguenza e' evidente che la strada da seguire debba essere qualla di un'alleanza con i cattolici democratici", ha concluso il segretario socialista.
"L'illusione di poter sostituire l'ideologia rivoluzionaria con il socialgiustizialismo - ha osservato invece Bobo Craxi- e' clamorosamente fallita. Gli eredi del Pci hanno pensato di conquistare la maggioranza e il governo del Paese ma questo massimalismo cieco, questo nuovo grumo ideologico, ha finito con il produrre una nuova divisione a sinistra. Un caso di scuola e' stata l'alleanza tra Veltroni e Di Pietro, con il primo che era convinto di poter circoscrivere e mettere sotto controllo il secondo. Non e' andata cosi' e ora il Pd si trova a inseguire l'Idv, che a sua volta a dato vita a fenomeni 'accessori' come il grillismo. La realpolitik ci impone tuttavia di ragionare in termini concreti sul terreno del riformismo, dove i socialisti hanno ancora molto da dire". Secondo Emanuele Macaluso l'improrogabile necessita' della svolta, imposta dalla caduta del comunismo al Pci, "non e' stata accompagnata da un'adeguata analisi storica e da un ricollocamento del Pds nell'area riformista". Ma anche Bettino Craxi e il gruppo dirigente socialista sbagliarono i calcoli. "Nell'89 Craxi era convinto di poter tornare a palazzo Chigi, che questo avrebbe determinato la scissione della componente riformista del Pci e che i fuoriusciti avrebbero aderito al Psi. Invece le cose sono andate in tutt'altro modo".
"Occhetto e chi lo circondava non compresero che i riformisti non avrebbero mai sposato la causa del Pds. Un errore che si e' ripetuto successivamente con la Cosa 2, con la pretesa di aggregare i socialisti e di far girare l'asse della sinistra intorno al Pds-Ds. Un obiettivo che pretesero di conseguire senza un radicale ricambio del gruppo dirigente che voleva intestarsi quel progetto e che discendeva direttamente dal Pci. Era chiaro - ha concluso Macaluso - che i socialisti non lo avrebbero mai accettato".
La storia della lunga guerra tra i due cugini della sinistra italiana, iniziata appunto nel 1921 a Livorno, ha fatto da sottofondo, esplicito e non, di tutti gli interventi.
“Il fatto è – aveva esordito lo strorico Giuseppe Tamburrano, presidente della Fondazione Nenni all’apertura del convegno – che lo scissionismo è sempre stato la tabe del Psi. L’unica utile è stata quella del ’92, tutte le altre, prima quella del ’21 poi quella saragattiana del 47, sono state nefaste”. Il Psi sarebbe stato un antemurale della resistenza contro la dittatura incipiente di Mussolini, ma i comunisti “con la scissione di Livorno invece di fare la rivoluzione bolscevica, favorirono l’avvento del fascismo”. Tamburrano non lesina critiche ai comunisti e ricorda che credettero di vedere anche in Gorbaciov una possibile revisione del totalitarismo sovietico e che il loro rapporto con l’Urss finì veramente solo con il crollo di quel regime. Un rapporto di cui si conservano ancora le tracce fino a oggi visto che anche alla mostra organizzata per i ricordare i 70 anni del Pci dall’Istituto Gramsci si nascondono con imbarazzo anche i legami con Stalin.
Il fatto è che il comunismo all’italiana, prosegue Luigi Covatta, direttore di MondOperaio, era “irriformabile”. Anzi sarebbe meglio definirlo “l’ideologia dell’italocomunismo – ma proprio nulla ci è stato risparmiato – che era una liturgia basata su una teologia sbagliata, sopravvissuta incredibilmente pure alla fine del Pci, anche in termini angrafici”. Era irriformabile perché era così sottile nella sua costruzione, era così “delicata che se la toccavi anche per un restauro, crollava” e così quel partito progettato a Torino nel 1919, te lo ritrovi oggi a fare “i conti con Marchionne e la Fiat di Mirafiori”, incapace oggi come allora di dare risposte utili al futuro della fabbrica, della città, dell’intero Paese.
Tocca a Marco Di Lello, che ha presieduto il convegno, prima del minuto di silenzio chiesto da Tamburrano per ricordare l’anniversario della scomparsa di Bettino Craxi, fare una battuta sdrammatizzante, ma non indolore, sul ruolo dei comunisti nella storia italiana. “Ma se la scissione di Livorno nel ’21 ha favorito la nascita del fascismo, - si è chuiesto il coordinatore della segreteria socialista - non è che anche la nascita del Pds nel 1991 ha favorito l’avvento di Berlusconi?”

giovedì 13 gennaio 2011

Una moderna area di ispirazione laica e democratica

Nella primavera prossima sono chiamate al voto importanti città e numerose province, una prova elettorale significativa sia per misurare l’opinione degli italiani su governo e opposizione, nel Paese e nelle singole realtà locali, che per costruire, partendo dai municipi e dalle province, progetti di alleanza riformista destinati in futuro a competere nella guida dell’Italia.
Per rendere più credibile questo percorso, vanno promosse intese locali anche con i partiti di centro.

I Socialisti parteciperanno al turno elettorale amministrativo in coalizioni di centro sinistra di cui favoriranno la composizione riformista ed il legame con programmi innovativi per il governo di città e territori, sulla base degli orientamenti emersi nella recente Conferenza Programmatica tenutasi a Rimini.

Entro il mese di marzo, soprattutto nelle grandi città,  organizzeremo “primarie delle idee” mentre continuiamo a ritenere le primarie per scegliere le candidature ai vertici delle amministrazioni utilizzabili solo dove vi sia certezza della coalizione e condivisione di un percorso politico-istituzionale.
Le “primarie” intese quali resa dei conti non possono avere diritto di cittadinanza.

Il PSI si presenterà alle elezioni con il proprio simbolo e al contempo promuoverà la costituzione di liste laico-socialiste con radicali, ambientalisti, federalisti liberali,  repubblicani e altri soggetti civici di centrosinistra, al fine di rendere più forte una moderna area di ispirazione laica e democratica.