martedì 6 dicembre 2011

DICHIARAZIONE DI FIUGGI - 3 dicembre 2011


“Per amore dell’Italia”




DICHIARAZIONE DI FIUGGI 3 dicembre 2011

Premessa

Il Partito Socialista Italiano ha riunito il proprio Congresso in tempi di crisi di gravità inaudita. Crisi che non è soltanto economica e finanziaria ma è altrettanto crisi di democrazia, della partecipazione politica, di fiducia e di speranze.
In un momento storico che richiede la massima coesione in Italia, e tra le nazioni dell’Unione Europea, abbiamo approvato la costituzione del governo presieduto da Mario Monti, L’azione del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è stata di eccezionale efficacia, sfruttando al meglio le proprie prerogative costituzionali per uscire da una impasse ogni giorno più delicata. Un governo definito come “tecnico” deve comunque compiere ogni giorno scelte politiche, e non è quindi al di sopra di un giudizio politico sulle iniziative che metterà in campo. I socialisti faranno sentire la loro voce perchè queste iniziative vadano nella direzione dell’equità, della ripresa economica e dello sviluppo, del rilancio dell’occupazione, della promozione di merito e pari opportunità.

In tutto questo, cresce la consapevolezza che niente potremo fare senza l’Europa: nè efficaci politiche di risanamento finanziario, nè nuovi modelli di società e di sviluppo. C’è quindi bisogno di un’Unione Europea che risolva il suo storico deficit di democrazia, in direzione degli Stati Uniti d’Europa; non vogliamo lasciare ad alcuni leader conservatori, con alla testa il binomio Merkel-Sarkozy, il privilegio, che si sono arrogati, di parlare e decidere a nome dell’Europa. Per questo occorre guardare lontano, e prevedere l’elezione diretta del Presidente della Commissione Europea.

Fare, creare, innovare

La risposta alla crisi non può ridursi ai sacrifici: si devono tagliare sprechi e privilegi, ma ancor più necessario sarà rilanciare la fiducia, superare l’attuale clima di timore e incertezza, riguadagnare credibilità internazionale. Scommettere sull’intelligenza, la creatività, il coraggio. Per questo servono merito e inclusione. Occorre promuovere la crescita, sostenendo con investimenti adeguati ricerca e tecnologia, formazione professionale ed educazione. Rimettendo al lavoro le risorse oggi emarginate, a cominciare dall’emergenza degli oltre due milioni di giovani che risultano senza lavoro né formazione. Riportando al centro la questione delle pari opportunità, svilita da modelli mediatici umilianti per le donne. Mettendo al centro la qualità dell’economia, da quella delle nostre migliori tradizioni, turismo, economia, arte e cultura, a quella più innovativa, dell’energia sostenibile, la comunicazione, le infrastrutture.
Promuovere sviluppo e ripresa economica richiede il reperimento di nuove risorse, sia per gli investimenti che per un nuovo stato sociale, che garantisca la serenità delle famiglie, così come la sicurezza del numero crescente di anziani soli e la libertà dei giovani che devono essere messi in grado di lasciare la famiglia d’origine.
C’è quindi l’urgenza di attingere alle rendite e alle transazioni finanziarie, ai grandi patrimoni, di combattere l’evasione fiscale, di rendere sempre più trasparente la spesa dello Stato e degli enti locali e regionali. Non semplici risparmi, ma una grande opera di rimodulazione del prelievo fiscale e di reindirizzamento delle risorse, che confermi quel “modello sociale europeo” di alta qualità dei servizi pubblici, in primo luogo scuola e sanità. Proponiamo, tra l’altro, un Prestito per l’Italia: un prelievo progressivo, pluriennale, per i cittadini a reddito medio-alto e dotati di patrimoni mobiliari e immobiliari, garantito da titoli di Stato con rendimento pari all’inflazione programmata. Questo ridurrebbe la spirale perversa degli attuali tassi d’interesse producendo liquidità indispensabile per far


fronte alle urgenze e alle nuove sfide.
La promozione del merito e delle migliori capacità non si può avere senza adeguate politiche di inclusione. Modello sociale europeo significa anche fissare per legge livelli minimi, tendenzialmente universali, di reddito e di salario. L’attuale dualismo del mercato del lavoro, tra più e meno garantiti, così come le differenze tra generazioni, non si possono affrontare esasperando i conflitti; la precarietà e l’incertezza del futuro colpiscono del resto tutti, ed ogni generazione. Garanzie di reddito e ammortizzatori sociali vanno rivolti quindi a tutti coloro che sono a rischio di perdere il posto di lavoro o la propria attività professionale, ed a qualunque età.

Superare gli interessi particolari, per rimettere al centro le ragioni generali della convivenza civile, è poi una necessità imposta dall’emergenza ambientale, da cui nessuno può dirsi al riparo: la minaccia dei disastri ambientali, aggravata dal cambiamento climatico, la riduzione delle risorse comuni, a cominciare dall’acqua, il problema dell’energia e delle risorse alimentari per far fronte all’aumento della popolazione mondiale, non consentono nemmeno ai più privilegiati di acquistarsi una sicurezza personale.

Un nuovo repubblicanesimo, una nuova Europa

Ricostruire la coesione sociale e nazionale è il primo compito della politica nei prossimi anni: dopo i disastri di un malinteso federalismo che ha scaricato sugli enti locali responsabilità dell’amministrazione centrale senza dotarli dei poteri e delle risorse adeguate, e attizzato il conflitto tra Nord e Sud, occorre portare l’accento su ciò che ci unisce. In particolare, lo sviluppo del Mezzogiorno, liberato dalle mafie, va inserito nell’apertura delle grandi reti commerciali tra Europa, Mediterraneo e Oriente. Una grande nazione, l’Italia, deve saper trovare al suo interno, a 150 anni dall’unità istituzionale, una più grande unità di princìpi, per guardare al futuro: è di primaria importanza una riforma della cittadinanza per i figli degli immigrati nati e cresciuti tra di noi, ed è urgente una più rigorosa laicità, nel rispetto reale al moderno differenziarsi delle identità e delle confessioni religiose, tutte egualmente rispettabili.
Pensiamo che si debba rifondare in maniera condivisa la base della nostra convivenza, con un’Assemblea Costituente che porti, tra l’altro, ad una rinnovata centralità del Parlamento e all’elezione diretta del Presidente della Repubblica, punti cardine di rappresentatività e unità.
Per questo, i valori del socialismo riformista rimangono una risorsa per l’intera comunità nazionale: ideali di umanità, dignità, rispetto per sé e per gli altri che possono ispirare politiche condivise e sostenute da un consenso assai ampio. In termini di azione politica, questo significa dedicare le nostre energie ad un nuovo e ampio centrosinistra, che sappia parlare con convinzione con entusiasmo, con gentilezza e mitezza, al più ampio numero di italiani e di italiane. Gli elettori devono poter essere in grado di esercitare la scelta non solo dei partiti, ma anche dei candidati, e questo si fa con una riforma della legge elettorale, ma anche, e forse in primo luogo, della vita dei partiti politici, che deve essere trasparente e davvero partecipata, secondo il dettato costituzionale. Altrimenti la politica non riguadagnerà il prestigio perduto, a tutto danno della democrazia.

Vogliamo un’Europa, dove popoli e cittadini abbiano voce nelle decisioni, e dove le scelte siano votate e non imposte da una tecnocrazia, sotto la finzione di un’unanimità istituzionale che del resto il Partito del Socialismo Europeo ha già cominciato a contestare, richiamando l’attenzione sulla necessità di una dialettica politica tra progressisti e conservatori a livello europeo. Tutto ciò ripropone il problema di una forza politica riformista in Italia, che sia partecipe della costruzione di un Partito del socialismo europeo sempre più adeguato alla dimensione globale delle sfide. Confermiamo la nostra aspirazione a farci promotori di un rinnovamento complessivo della sinistra riformista italiana, attraverso una nuova unità tra tutte le forze espressione della sua storia, e quelle forze del riformismo cristiano e laico aperte a parteciparvi.

Prevediamo la scomposizione del bipolarismo italiano che abbiamo conosciuto negli ultimi anni. Per questo fine ci diamo tre impegni:

Primo passo: ci rivolgiamo a color che si riconoscono nell’esperienza e nella tradizione socialista italiana, affinché il 2012, centoventesimo anniversario della nascita del PSI, sia il tempo della definitiva riunificazione del popolo socialista italiano.
Secondo passo: proponiamo la Convenzione dei Socialisti e dei Liberalsocialisti che rimetta in campo una cultura laica e riformista oggi tanto essenziale quanto dispersa e compressa dal sistema politico attuale.
Terzo passo: dopo il tempo degli appelli e delle convenzioni, viene il tempo dell’azione quotidiana. I circoli, le risorse, i mezzi di comunicazione del PSI, compreso il ricostituito Avanti!, saranno a disposizione ogni giorno di questa proposta che siamo certi che non potrà che trovare nei valori di eguaglianza e giustizia del socialismo democratico, libertario, liberale il suo cemento, nella socialdemocrazia europea il suo schieramento, e nel cuore e nelle menti degli italiani un suo certo successo.







Benigni celebra Pertini

Nencini ringrazia Benigni per il ricordo del grande Pertini



Caro Roberto,
l'emozionante ricordo della tua famiglia e del presidente Pertini ha emozionato tutti gli italiani. Chi ti scrive si è anche commosso.
La storia d'Italia è disseminata di sconosciuti "Pertini". Come tuo padre, come mia nonna, come quanti si alzano alle sei del mattino per conquistare un pezzo di gloria quotidiana. Un esame ben fatto, un lavoro ben eseguito, una buona azione.
Il socialismo non è stato solo utopia. E' stato riforme ed azioni che hanno reso più libera e più civile la comunità nella quale viviamo. Il socialismo nasce da un'idea perfetta di libertà. La libertà che tu hai narrato cantando il Paradiso di Dante: "Lo maggior don che Dio per sua larghezza fesse creando fu de la volontà la libertade".
La possibilità che deve avere ciascuno di noi di scegliere la sua strada. 
Questo patrimonio ideale non appartiene ad un solo partito. Ma è figlio soprattutto di questo partito.Ti sono grato per aver ricordato una magnifica eresia.
Da toscano a toscano.
Con un forte abbraccio.
Riccardo Nencini

domenica 4 dicembre 2011

Intervento di Ugo Intini al Congresso di Fiuggi 2-3-4- dicembre 2011


Intervento di Ugo Intini

Ho previsto con molti anni di anticipo quello che sta accadendo. Lo ricorderò con delle citazioni precise non per presunzione, ma per sottolineare il valore dei Partiti e della loro cultura. Ho visto giusto infatti non perché sono bravo, né per un motivo personale. I Partiti hanno radici, una storia, un lavoro comune. Per questo, sono delle intelligenze collettive. Da modesto da portavoce e semplificatore, ho scritto quello che il partito socialista, per la sua storia, poteva capire prima degli altri.
Nel 2001, nel mio libro “La privatizzazione della politica”, scrivevo “La barca dell’economia mondiale procede squilibrata. Ha a bordo un elefante,che si muove disordinatamente e rischia continuamente di capovolgerla. L’elefante si chiama finanza globale e il suo corpo è costituito prevalentemente dai titoli derivati. Sta sostituendo l’economia reale con una economia di carta. Questa economia di carta,come un tessuto canceroso,raddoppia ogni due anni,rischiando di soffocare l’economia reale. Anche perché alla carta non corrisponde la sostanza. Richiederà un cambio di mentalità condurre i governi a intervenire. L’unica questione è se questo cambio di mentalità avverrà prima o dopo il crollo del sistema”. Purtroppo,il cambio di mentalità sta avvenendo, forse(forse)dopo il crollo del sistema. Non ero un veggente,ero un socialista che leggeva e riassumeva i libri dei socialisti.
I socialisti hanno potuto capire e prevedere. Non hanno capito niente i grandi giornali, i loro professori ideologi fanatici del liberismo(altro che fine delle ideologie!)i quali continuano cionondimeno tutti i giorni a dare lezioni. Vogliamo dirlo più brutalmente? Il disastro economico è nato per il crollo del sistema finanziario nel 2007. Non è stato colpa dei pensionati. Né dei salariati. Né degli imprenditori che cercano di lavorare e competere. No. E’ stata colpa di una banda di irresponsabili o di delinquenti, finti tecnici e finti economisti. Che hanno trasformato le Borse in un casinò senza frontiere. Che hanno perseguito una ricchezza di carta, virtuale, distruggendo la ricchezza vera, che si tocca con mano, che nasce dal lavoro.  Gli Stati li hanno salvati dalla bancarotta. Erano obbligati. Si è così stabilito, però, per la prima volta nella storia, un principio che un tempo i finanzieri neppure avrebbero osato sognare. Il principio che gli utili sono privati( dei finanzieri) e le perdite sono pubbliche(di tutti). Quando va bene si arricchiscono loro, quando va male, paghiamo noi. C’è di più. La finanza internazionale ha ricevuto dunque soldi a palate dagli Stati e adesso li usa per far fallire gli Stati stessi speculando al ribasso sui loro titoli, mordendo la mano di chi li ha soccorsi.
Dobbiamo ringraziare i giovani indignati di Washington come di Tokio.  I giornali italiani se la prendono con i costi della politica (un po’ per liquidarla del tutto, un po’ per sviare l’attenzione dai colpevoli veri). Dimenticano tra l’altro che l’intero Parlamento(Camera e Senato)costa ai contribuenti meno della RAI. Ma i giovani indignati hanno puntato il dito contro la trave, non contro le pagliuzze. Se la sono presa non contro le istituzioni rappresentative dei cittadini e quindi contro la democrazia, bensì contro la finanza internazionale.  Hanno sollevato un enorme problema morale, che è il seguente. Ieri in sostanza Angeletti lo ha detto. Sempre, giustamente,  si sono chiesti sacrifici ai cittadini per l’interesse comune. Sempre, giustamente, gli imprenditori hanno detto che perseguono la ricchezza e il successo, si, certo, ma attraverso il lavoro, per la prosperità della Nazione e il bene di tutti. Adriano Olivetti, che era un socialista, e ha creato l’Olivetti dal nulla, diceva che un manager deve guadagnare dieci volte più di un operaio. Non di più. Questi guadagnano mille volte di più. Non per creare ricchezza, ma per distruggere ricchezza. Questi appartengono, per la prima volta nella storia dell’umanità, a una classe dirigente economica apolide, senza frontiere, senza lealtà nazionale, che teorizza il proprio arricchimento a qualunque costo. Anche al costo di disgregare gli Stati, attraverso la loro bancarotta. Anche al costo di devastare come cavallette il frutto del lavoro altrui. La politica non c’è più e si accetta perciò passivamente tutto. Si considera il Mercato con la M maiuscola come un valore assoluto, sciolto dalle leggi e dalla morale. Più sacro e intoccabile di un Re. Anzi, molto di più. Perché neppure i Re, da secoli, sono legibus soluti, al di sopra delle leggi e della morale. I giovani hanno spezzato un tabù, ci hanno detto che la democrazia deve reagire, deve imporre regole globali come la finanza, facendo ritornare le Borse luoghi dove si investe e si scambia per alimentare le imprese e il lavoro, non per distruggerli.
I grandi giornali per anni hanno usato una espressione retorica che faceva infuriare i socialisti: “azienda Italia”. No, dicevamo. Una Nazione non è una azienda. Per una Nazione un tempo si dava anche la vita. Le Nazioni hanno fatto bancarotta solo dopo una rivoluzione o una guerra perduta. Oggi assistiamo alla vendetta della storia.  Adesso, ridotti gli Stati ad aziende, privatizzata e delegittimata la politica, anzi, cancellata la politica, ci si accorge che come tutte le aziende gli Stati possono fallire. Può fallire anche l’Europa.
Anche qui avevo visto giusto. Nel 2001, alla Camera, dicevo. “Mai nella storia si è vista una moneta reggere, rimanendo appesa al nulla. Dobbiamo, pertanto, appendere l'euro alla bilancia di una giustizia comune, alla spada di una difesa comune, ad una politica economica ed estera comune”. Senza una Europa politicamente unita  che la sostenga, concludevo, la moneta comune crollerà. E infatti l’euro rischia adesso di ctrollare. C’è da sperare che, spinti dal terrore per il disastro imminente, i governi diano finalmente, subito, all’Unione Europea i poteri sovra nazionali necessari. Che creino l’Europa politica, senza la quale l’Europa monetaria e l’Europa stessa non sopravvivranno. Più in generale,nel mondo,la globalizzazione, ovvero la economia globale e senza frontiere, è un bene. Ma se c’è un contrappeso, se è bilanciata da una politica altrettanto globale e senza frontiere. Per questo, da anni insisto sullo slogan “la politica globale”. La politica globale. Sino a che la politica non sarà globale, non conterà e il potere unico sarà quello del denaro. Con i risultati che si vedono.
Veniamo a noi. La crisi mondiale in atto ha creato l’esigenza impellente, disperata, di voltare pagina verso un governo di unità e di salvezza nazionale. E’ esattamente il governo che ho cominciato a chiedere per la prima volta al congresso di Montecatini del 2008.
“Tutte le emergenze- dicevo allora- si sono aggravate e moltiplicate. Forse il meglio della sinistra e il meglio del centro devono trovare una intesa. Forse la parte raziocinante, politica e non anti politica,responsabile e non populista, dei due schieramenti, quella che si richiama alle grandi tradizioni culturali della prima repubblica(socialista e democristiana) deve affrontare le emergenze irrisolte e aggravate con uno sforzo di unità nazionale. Consiglio di restare leali nel centro sinistra, ma di cominciare a tessere la tela bipartisan dell’unità nazionale. Anche se oggi tutto sembra congiurare contro questo disegno, forse, ancora una volta, i fatti ci daranno ragione”. I fatti ci hanno davvero dato ragione. In pratica l’unità nazionale c’è. Anche se una classe dirigente politica senza coraggio non ha osato metterci la faccia. Ipocrisia e vergogna. Non solo. Infinite volte ho ripetuto quale è a mio parere la parte non responsabile, populista, anti politica alla quale mi riferivo. Il leghismo da una parte, il dipietrismo dall’altra. Infinite volte ho insistito sulla necessità di emarginarli entrambi. Bene. Fuori uno. La Lega si è emarginata da sola. Adesso aspettiamo il fuori due (siamo a un passo): fuori anche Di Pietro.  Vanno fuori da sé. Perché da miserabili demagoghi quali sono contano di cavalcare la protesta per lucrare qualche punto percentuale in più.  Si sta delineando dunque, al cento per cento, tutto quello che avevamo sperato e anticipato.
E non è finita. Il PdL si prepara ad esplodere, creando tre grossi frammenti.  Da una parte i nani e le ballerine:noi li arginavamo nei corridoi dell’assemblea nazionale. Berlusconi li ha portati nel Parlamento e nel Governo, ma sono finiti. Da un’altra parte gli ex fascisti. Da un’altra parte gli ex socialisti e democristiani. Il PdL esploderà. Ma vedo forti possibilità di esplosione anche nel PD, un altro contenitore senza radici, né storia, né cultura. Si reggevano a vicenda. Cadranno insieme.
E’ il nostro momento. Devo ringraziare i dirigenti del Partito e voi tutti per averci condotti vivi sino a qui. Grazie per la vostra generosità e il vostro coraggio nel “Non Mollare”.Consiglio di insistere su alcuni punti.
Primo. Il tipo di bipolarismo che dura da vent’anni(il ventennio perduto) ci ha portato alla rovina. Chi lo vuole continuare come niente fosse è un irresponsabile. Ma è soprattutto un opportunista. Diciamo la verità. Questo bipolarismo ha creato una classe dirigente politica penosa. Questi dirigenti, a destra come a sinistra, sanno che spariranno se sparirà questo bipolarismo ammalato(Del Bue lo ha chiamato questa mattina “bastardo”) che li ha miracolati. Ci si aggrappano contro gli interessi del Paese.
La politica è sospesa. Dobbiamo usare il tempo del governo Monti per smontare e rimontare, scomporre e ricomporre il sistema politico. Lo ha detto prima anche Martelli., Dobbiamo lavorare in una fase che è ormai in pratica costituente. Siamo stati gli unici a chiedere da anni una costituente e un processo costituente è ormai nei fatti. Prepara il ritorno della politica. E la nostra identità socialista è la carta che tutta la sinistra deve giocare quando la politica ritornerà. L’unica possibile. Nencini lo ha detto ieri con efficacia. I nuovisti del PD hanno trattato con sufficienza i socialisti europei, senza capire che presto forse torneranno al governo a Parigi e a Berlino, e decideranno il futuro dell’Europa. Solo loro possono salvarla. I nuovisti del PD credevano di andare oltre la socialdemocrazia, e sono approdati al nulla.
Mentre la politica è sospesa, bisogna appoggiare il risanamento tentato dal governo Monti , al quale la sola alternativa è la catastrofe. Vorrei essere chiaro su questo punto. Prima ho usato parole di fuoco contro il Casinò senza frontiere costruito dai liberisti, che ha distrutto l’economia mondiale. Ma non c’è contraddizione. Bisogna distinguere infatti due binari paralleli.
Su un binario, va condotta una battaglia culturale e morale contro il liberismo senza regole, una battaglia che non si può vincere in un solo Paese, perché ha come orizzonte minimo l’Europa, perché può avere come protagonista, a sinistra, non un partito nazionale, ma solo il Partito socialista europeo e l’Internazionale socialista(se ne saranno capaci). Questa battaglia riguarda non la politica nazionale, che è assolutamente ininfluente, ma la politica globale.
Sull’altro binario, vanno presi i provvedimenti di risanamento ordinati dall’Unione Europea e dal Fondo Monetario Internazionale.  Un singolo Paese infatti non può mettersi di traverso senza essere stritolato. La politica è l’arte del possibile. Papandreu è un economista e un leader socialista. Conosce le colpe del liberismo meglio di me e di Vendola. Ma ha fatto quello che doveva fare e che in una certa misura farà Monti.
L’attuale sospensione della democrazia, l’attuale privatizzazione della politica, era ed è un passaggio obbligato. E tuttavia c’è una speranza, un motivo profondo di riflessione. Se l’Italia si salverà, chi l’ha salvata? I nuovisti? I demagoghi? La antipolitica? I giovani rottamatori come Renzi? No. Un uomo di 86 anni che è esattamente il prodotto della grande scuola politica della prima Repubblica. Giorgio Napolitano. Un vecchio militante della sinistra che è diventato socialdemocratico. Il suo consigliere Arrigo Levi, non per caso, ha nel suo ufficio la fotografia di Pietro Nenni.
Concludo. Mi è piaciuta molto la pubblicità che si vede nelle stazioni. E mi ha sollecitato una riflessione.  Il nostro è un Partito unico. E’ guidato da giovani e da anziani(molti). Ma questo conta poco. Non seguiamo i finti modernizzatori che hanno sostituito alla lotta di classe la lotta di classi(classi di età). Il nostro è un Partito unico. E’ l’unico( guardiamoci intorno) non più guidato dalla nomenclatura che è stata ininterrottamente alla ribalta, in prima fila, negli ultimi decenni. Qui non ci sono i leader del PCI, della sinistra democristiana, del MSI che fanno i leader ancora oggi. No. Anch’io, ad esempio, faccio il militante del partito, e basta. E sì che sono un socialista, non un ex fascista o comunista, e avevo pertanto ragione. Il PSI è un partito nuovo, ma nello stesso tempo antico, perché ,ancora è l’unico, l’unico, che non ha cambiato nome e simbolo, l’unico che trae dal suo passato orgoglio, legittimazione e identità. Soltanto esistendo, soltanto essendo vivi, sottolineiamo la cattiva coscienza dei partiti trasformisti. Anche per questo non ci vogliono bene. Politique d’abord, diceva sempre Nenni. Quando la politica tornerà, e tornerà presto, il partito socialista, nuovo e antico, avrà un ruolo chiave nella sinistra. Finalmente la convincerà che non ha futuro una sinistra senza una famiglia internazionale, e senza radici. Perciò fuori dal mondo(perché senza famiglia) e fuori dalla storia( perché senza radici). Vogliamo essere il piccolo seme di una sinistra nuova e antica. Vogliamo far crescere una grande sinistra, come noi nuova e antica. Auguri, buon lavoro. E ancora grazie. Grazie per avere resistito un minuto di più della tragicomica seconda Repubblica. Che è finita sotto le macerie dell’economia. La sua fine ci rimette finalmente in gioco.