domenica 4 dicembre 2011

Intervento di Ugo Intini al Congresso di Fiuggi 2-3-4- dicembre 2011


Intervento di Ugo Intini

Ho previsto con molti anni di anticipo quello che sta accadendo. Lo ricorderò con delle citazioni precise non per presunzione, ma per sottolineare il valore dei Partiti e della loro cultura. Ho visto giusto infatti non perché sono bravo, né per un motivo personale. I Partiti hanno radici, una storia, un lavoro comune. Per questo, sono delle intelligenze collettive. Da modesto da portavoce e semplificatore, ho scritto quello che il partito socialista, per la sua storia, poteva capire prima degli altri.
Nel 2001, nel mio libro “La privatizzazione della politica”, scrivevo “La barca dell’economia mondiale procede squilibrata. Ha a bordo un elefante,che si muove disordinatamente e rischia continuamente di capovolgerla. L’elefante si chiama finanza globale e il suo corpo è costituito prevalentemente dai titoli derivati. Sta sostituendo l’economia reale con una economia di carta. Questa economia di carta,come un tessuto canceroso,raddoppia ogni due anni,rischiando di soffocare l’economia reale. Anche perché alla carta non corrisponde la sostanza. Richiederà un cambio di mentalità condurre i governi a intervenire. L’unica questione è se questo cambio di mentalità avverrà prima o dopo il crollo del sistema”. Purtroppo,il cambio di mentalità sta avvenendo, forse(forse)dopo il crollo del sistema. Non ero un veggente,ero un socialista che leggeva e riassumeva i libri dei socialisti.
I socialisti hanno potuto capire e prevedere. Non hanno capito niente i grandi giornali, i loro professori ideologi fanatici del liberismo(altro che fine delle ideologie!)i quali continuano cionondimeno tutti i giorni a dare lezioni. Vogliamo dirlo più brutalmente? Il disastro economico è nato per il crollo del sistema finanziario nel 2007. Non è stato colpa dei pensionati. Né dei salariati. Né degli imprenditori che cercano di lavorare e competere. No. E’ stata colpa di una banda di irresponsabili o di delinquenti, finti tecnici e finti economisti. Che hanno trasformato le Borse in un casinò senza frontiere. Che hanno perseguito una ricchezza di carta, virtuale, distruggendo la ricchezza vera, che si tocca con mano, che nasce dal lavoro.  Gli Stati li hanno salvati dalla bancarotta. Erano obbligati. Si è così stabilito, però, per la prima volta nella storia, un principio che un tempo i finanzieri neppure avrebbero osato sognare. Il principio che gli utili sono privati( dei finanzieri) e le perdite sono pubbliche(di tutti). Quando va bene si arricchiscono loro, quando va male, paghiamo noi. C’è di più. La finanza internazionale ha ricevuto dunque soldi a palate dagli Stati e adesso li usa per far fallire gli Stati stessi speculando al ribasso sui loro titoli, mordendo la mano di chi li ha soccorsi.
Dobbiamo ringraziare i giovani indignati di Washington come di Tokio.  I giornali italiani se la prendono con i costi della politica (un po’ per liquidarla del tutto, un po’ per sviare l’attenzione dai colpevoli veri). Dimenticano tra l’altro che l’intero Parlamento(Camera e Senato)costa ai contribuenti meno della RAI. Ma i giovani indignati hanno puntato il dito contro la trave, non contro le pagliuzze. Se la sono presa non contro le istituzioni rappresentative dei cittadini e quindi contro la democrazia, bensì contro la finanza internazionale.  Hanno sollevato un enorme problema morale, che è il seguente. Ieri in sostanza Angeletti lo ha detto. Sempre, giustamente,  si sono chiesti sacrifici ai cittadini per l’interesse comune. Sempre, giustamente, gli imprenditori hanno detto che perseguono la ricchezza e il successo, si, certo, ma attraverso il lavoro, per la prosperità della Nazione e il bene di tutti. Adriano Olivetti, che era un socialista, e ha creato l’Olivetti dal nulla, diceva che un manager deve guadagnare dieci volte più di un operaio. Non di più. Questi guadagnano mille volte di più. Non per creare ricchezza, ma per distruggere ricchezza. Questi appartengono, per la prima volta nella storia dell’umanità, a una classe dirigente economica apolide, senza frontiere, senza lealtà nazionale, che teorizza il proprio arricchimento a qualunque costo. Anche al costo di disgregare gli Stati, attraverso la loro bancarotta. Anche al costo di devastare come cavallette il frutto del lavoro altrui. La politica non c’è più e si accetta perciò passivamente tutto. Si considera il Mercato con la M maiuscola come un valore assoluto, sciolto dalle leggi e dalla morale. Più sacro e intoccabile di un Re. Anzi, molto di più. Perché neppure i Re, da secoli, sono legibus soluti, al di sopra delle leggi e della morale. I giovani hanno spezzato un tabù, ci hanno detto che la democrazia deve reagire, deve imporre regole globali come la finanza, facendo ritornare le Borse luoghi dove si investe e si scambia per alimentare le imprese e il lavoro, non per distruggerli.
I grandi giornali per anni hanno usato una espressione retorica che faceva infuriare i socialisti: “azienda Italia”. No, dicevamo. Una Nazione non è una azienda. Per una Nazione un tempo si dava anche la vita. Le Nazioni hanno fatto bancarotta solo dopo una rivoluzione o una guerra perduta. Oggi assistiamo alla vendetta della storia.  Adesso, ridotti gli Stati ad aziende, privatizzata e delegittimata la politica, anzi, cancellata la politica, ci si accorge che come tutte le aziende gli Stati possono fallire. Può fallire anche l’Europa.
Anche qui avevo visto giusto. Nel 2001, alla Camera, dicevo. “Mai nella storia si è vista una moneta reggere, rimanendo appesa al nulla. Dobbiamo, pertanto, appendere l'euro alla bilancia di una giustizia comune, alla spada di una difesa comune, ad una politica economica ed estera comune”. Senza una Europa politicamente unita  che la sostenga, concludevo, la moneta comune crollerà. E infatti l’euro rischia adesso di ctrollare. C’è da sperare che, spinti dal terrore per il disastro imminente, i governi diano finalmente, subito, all’Unione Europea i poteri sovra nazionali necessari. Che creino l’Europa politica, senza la quale l’Europa monetaria e l’Europa stessa non sopravvivranno. Più in generale,nel mondo,la globalizzazione, ovvero la economia globale e senza frontiere, è un bene. Ma se c’è un contrappeso, se è bilanciata da una politica altrettanto globale e senza frontiere. Per questo, da anni insisto sullo slogan “la politica globale”. La politica globale. Sino a che la politica non sarà globale, non conterà e il potere unico sarà quello del denaro. Con i risultati che si vedono.
Veniamo a noi. La crisi mondiale in atto ha creato l’esigenza impellente, disperata, di voltare pagina verso un governo di unità e di salvezza nazionale. E’ esattamente il governo che ho cominciato a chiedere per la prima volta al congresso di Montecatini del 2008.
“Tutte le emergenze- dicevo allora- si sono aggravate e moltiplicate. Forse il meglio della sinistra e il meglio del centro devono trovare una intesa. Forse la parte raziocinante, politica e non anti politica,responsabile e non populista, dei due schieramenti, quella che si richiama alle grandi tradizioni culturali della prima repubblica(socialista e democristiana) deve affrontare le emergenze irrisolte e aggravate con uno sforzo di unità nazionale. Consiglio di restare leali nel centro sinistra, ma di cominciare a tessere la tela bipartisan dell’unità nazionale. Anche se oggi tutto sembra congiurare contro questo disegno, forse, ancora una volta, i fatti ci daranno ragione”. I fatti ci hanno davvero dato ragione. In pratica l’unità nazionale c’è. Anche se una classe dirigente politica senza coraggio non ha osato metterci la faccia. Ipocrisia e vergogna. Non solo. Infinite volte ho ripetuto quale è a mio parere la parte non responsabile, populista, anti politica alla quale mi riferivo. Il leghismo da una parte, il dipietrismo dall’altra. Infinite volte ho insistito sulla necessità di emarginarli entrambi. Bene. Fuori uno. La Lega si è emarginata da sola. Adesso aspettiamo il fuori due (siamo a un passo): fuori anche Di Pietro.  Vanno fuori da sé. Perché da miserabili demagoghi quali sono contano di cavalcare la protesta per lucrare qualche punto percentuale in più.  Si sta delineando dunque, al cento per cento, tutto quello che avevamo sperato e anticipato.
E non è finita. Il PdL si prepara ad esplodere, creando tre grossi frammenti.  Da una parte i nani e le ballerine:noi li arginavamo nei corridoi dell’assemblea nazionale. Berlusconi li ha portati nel Parlamento e nel Governo, ma sono finiti. Da un’altra parte gli ex fascisti. Da un’altra parte gli ex socialisti e democristiani. Il PdL esploderà. Ma vedo forti possibilità di esplosione anche nel PD, un altro contenitore senza radici, né storia, né cultura. Si reggevano a vicenda. Cadranno insieme.
E’ il nostro momento. Devo ringraziare i dirigenti del Partito e voi tutti per averci condotti vivi sino a qui. Grazie per la vostra generosità e il vostro coraggio nel “Non Mollare”.Consiglio di insistere su alcuni punti.
Primo. Il tipo di bipolarismo che dura da vent’anni(il ventennio perduto) ci ha portato alla rovina. Chi lo vuole continuare come niente fosse è un irresponsabile. Ma è soprattutto un opportunista. Diciamo la verità. Questo bipolarismo ha creato una classe dirigente politica penosa. Questi dirigenti, a destra come a sinistra, sanno che spariranno se sparirà questo bipolarismo ammalato(Del Bue lo ha chiamato questa mattina “bastardo”) che li ha miracolati. Ci si aggrappano contro gli interessi del Paese.
La politica è sospesa. Dobbiamo usare il tempo del governo Monti per smontare e rimontare, scomporre e ricomporre il sistema politico. Lo ha detto prima anche Martelli., Dobbiamo lavorare in una fase che è ormai in pratica costituente. Siamo stati gli unici a chiedere da anni una costituente e un processo costituente è ormai nei fatti. Prepara il ritorno della politica. E la nostra identità socialista è la carta che tutta la sinistra deve giocare quando la politica ritornerà. L’unica possibile. Nencini lo ha detto ieri con efficacia. I nuovisti del PD hanno trattato con sufficienza i socialisti europei, senza capire che presto forse torneranno al governo a Parigi e a Berlino, e decideranno il futuro dell’Europa. Solo loro possono salvarla. I nuovisti del PD credevano di andare oltre la socialdemocrazia, e sono approdati al nulla.
Mentre la politica è sospesa, bisogna appoggiare il risanamento tentato dal governo Monti , al quale la sola alternativa è la catastrofe. Vorrei essere chiaro su questo punto. Prima ho usato parole di fuoco contro il Casinò senza frontiere costruito dai liberisti, che ha distrutto l’economia mondiale. Ma non c’è contraddizione. Bisogna distinguere infatti due binari paralleli.
Su un binario, va condotta una battaglia culturale e morale contro il liberismo senza regole, una battaglia che non si può vincere in un solo Paese, perché ha come orizzonte minimo l’Europa, perché può avere come protagonista, a sinistra, non un partito nazionale, ma solo il Partito socialista europeo e l’Internazionale socialista(se ne saranno capaci). Questa battaglia riguarda non la politica nazionale, che è assolutamente ininfluente, ma la politica globale.
Sull’altro binario, vanno presi i provvedimenti di risanamento ordinati dall’Unione Europea e dal Fondo Monetario Internazionale.  Un singolo Paese infatti non può mettersi di traverso senza essere stritolato. La politica è l’arte del possibile. Papandreu è un economista e un leader socialista. Conosce le colpe del liberismo meglio di me e di Vendola. Ma ha fatto quello che doveva fare e che in una certa misura farà Monti.
L’attuale sospensione della democrazia, l’attuale privatizzazione della politica, era ed è un passaggio obbligato. E tuttavia c’è una speranza, un motivo profondo di riflessione. Se l’Italia si salverà, chi l’ha salvata? I nuovisti? I demagoghi? La antipolitica? I giovani rottamatori come Renzi? No. Un uomo di 86 anni che è esattamente il prodotto della grande scuola politica della prima Repubblica. Giorgio Napolitano. Un vecchio militante della sinistra che è diventato socialdemocratico. Il suo consigliere Arrigo Levi, non per caso, ha nel suo ufficio la fotografia di Pietro Nenni.
Concludo. Mi è piaciuta molto la pubblicità che si vede nelle stazioni. E mi ha sollecitato una riflessione.  Il nostro è un Partito unico. E’ guidato da giovani e da anziani(molti). Ma questo conta poco. Non seguiamo i finti modernizzatori che hanno sostituito alla lotta di classe la lotta di classi(classi di età). Il nostro è un Partito unico. E’ l’unico( guardiamoci intorno) non più guidato dalla nomenclatura che è stata ininterrottamente alla ribalta, in prima fila, negli ultimi decenni. Qui non ci sono i leader del PCI, della sinistra democristiana, del MSI che fanno i leader ancora oggi. No. Anch’io, ad esempio, faccio il militante del partito, e basta. E sì che sono un socialista, non un ex fascista o comunista, e avevo pertanto ragione. Il PSI è un partito nuovo, ma nello stesso tempo antico, perché ,ancora è l’unico, l’unico, che non ha cambiato nome e simbolo, l’unico che trae dal suo passato orgoglio, legittimazione e identità. Soltanto esistendo, soltanto essendo vivi, sottolineiamo la cattiva coscienza dei partiti trasformisti. Anche per questo non ci vogliono bene. Politique d’abord, diceva sempre Nenni. Quando la politica tornerà, e tornerà presto, il partito socialista, nuovo e antico, avrà un ruolo chiave nella sinistra. Finalmente la convincerà che non ha futuro una sinistra senza una famiglia internazionale, e senza radici. Perciò fuori dal mondo(perché senza famiglia) e fuori dalla storia( perché senza radici). Vogliamo essere il piccolo seme di una sinistra nuova e antica. Vogliamo far crescere una grande sinistra, come noi nuova e antica. Auguri, buon lavoro. E ancora grazie. Grazie per avere resistito un minuto di più della tragicomica seconda Repubblica. Che è finita sotto le macerie dell’economia. La sua fine ci rimette finalmente in gioco.

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