Intervento di Ugo Intini
Ho previsto con molti anni di anticipo quello che sta accadendo.
Lo ricorderò con delle citazioni precise non per presunzione, ma per
sottolineare il valore dei Partiti e della loro cultura. Ho visto giusto
infatti non perché sono bravo, né per un motivo personale. I Partiti
hanno radici, una storia, un lavoro comune. Per questo, sono delle
intelligenze collettive. Da modesto da portavoce e semplificatore, ho
scritto quello che il partito socialista, per la sua storia, poteva
capire prima degli altri.
Nel 2001, nel mio libro “La privatizzazione della politica”, scrivevo
“La barca dell’economia mondiale procede squilibrata. Ha a bordo un
elefante,che si muove disordinatamente e rischia continuamente di
capovolgerla. L’elefante si chiama finanza globale e il suo corpo è
costituito prevalentemente dai titoli derivati. Sta sostituendo
l’economia reale con una economia di carta. Questa economia di
carta,come un tessuto canceroso,raddoppia ogni due anni,rischiando di
soffocare l’economia reale. Anche perché alla carta non corrisponde la
sostanza. Richiederà un cambio di mentalità condurre i governi a
intervenire. L’unica questione è se questo cambio di mentalità avverrà
prima o dopo il crollo del sistema”. Purtroppo,il cambio di mentalità
sta avvenendo, forse(forse)dopo il crollo del sistema. Non ero un
veggente,ero un socialista che leggeva e riassumeva i libri dei
socialisti.
I socialisti hanno potuto capire e prevedere. Non hanno capito niente
i grandi giornali, i loro professori ideologi fanatici del
liberismo(altro che fine delle ideologie!)i quali continuano
cionondimeno tutti i giorni a dare lezioni. Vogliamo dirlo più
brutalmente? Il disastro economico è nato per il crollo del sistema
finanziario nel 2007. Non è stato colpa dei pensionati. Né dei
salariati. Né degli imprenditori che cercano di lavorare e competere.
No. E’ stata colpa di una banda di irresponsabili o di delinquenti,
finti tecnici e finti economisti. Che hanno trasformato le Borse in un
casinò senza frontiere. Che hanno perseguito una ricchezza di carta,
virtuale, distruggendo la ricchezza vera, che si tocca con mano, che
nasce dal lavoro. Gli Stati li hanno salvati dalla bancarotta. Erano
obbligati. Si è così stabilito, però, per la prima volta nella storia,
un principio che un tempo i finanzieri neppure avrebbero osato sognare.
Il principio che gli utili sono privati( dei finanzieri) e le perdite
sono pubbliche(di tutti). Quando va bene si arricchiscono loro, quando
va male, paghiamo noi. C’è di più. La finanza internazionale ha ricevuto
dunque soldi a palate dagli Stati e adesso li usa per far fallire gli
Stati stessi speculando al ribasso sui loro titoli, mordendo la mano di
chi li ha soccorsi.
Dobbiamo ringraziare i giovani indignati di Washington come di
Tokio. I giornali italiani se la prendono con i costi della politica
(un po’ per liquidarla del tutto, un po’ per sviare l’attenzione dai
colpevoli veri). Dimenticano tra l’altro che l’intero Parlamento(Camera e
Senato)costa ai contribuenti meno della RAI. Ma i giovani indignati
hanno puntato il dito contro la trave, non contro le pagliuzze. Se la
sono presa non contro le istituzioni rappresentative dei cittadini e
quindi contro la democrazia, bensì contro la finanza internazionale.
Hanno sollevato un enorme problema morale, che è il seguente. Ieri in
sostanza Angeletti lo ha detto. Sempre, giustamente, si sono chiesti
sacrifici ai cittadini per l’interesse comune. Sempre, giustamente, gli
imprenditori hanno detto che perseguono la ricchezza e il successo, si,
certo, ma attraverso il lavoro, per la prosperità della Nazione e il
bene di tutti. Adriano Olivetti, che era un socialista, e ha creato
l’Olivetti dal nulla, diceva che un manager deve guadagnare dieci volte
più di un operaio. Non di più. Questi guadagnano mille volte di più. Non
per creare ricchezza, ma per distruggere ricchezza. Questi
appartengono, per la prima volta nella storia dell’umanità, a una classe
dirigente economica apolide, senza frontiere, senza lealtà nazionale,
che teorizza il proprio arricchimento a qualunque costo. Anche al costo
di disgregare gli Stati, attraverso la loro bancarotta. Anche al costo
di devastare come cavallette il frutto del lavoro altrui. La politica
non c’è più e si accetta perciò passivamente tutto. Si considera il
Mercato con la M maiuscola come un valore assoluto, sciolto dalle leggi e
dalla morale. Più sacro e intoccabile di un Re. Anzi, molto di più.
Perché neppure i Re, da secoli, sono legibus soluti, al di sopra delle
leggi e della morale. I giovani hanno spezzato un tabù, ci hanno detto
che la democrazia deve reagire, deve imporre regole globali come la
finanza, facendo ritornare le Borse luoghi dove si investe e si scambia
per alimentare le imprese e il lavoro, non per distruggerli.
I grandi giornali per anni hanno usato una espressione retorica che
faceva infuriare i socialisti: “azienda Italia”. No, dicevamo. Una
Nazione non è una azienda. Per una Nazione un tempo si dava anche la
vita. Le Nazioni hanno fatto bancarotta solo dopo una rivoluzione o una
guerra perduta. Oggi assistiamo alla vendetta della storia. Adesso,
ridotti gli Stati ad aziende, privatizzata e delegittimata la politica,
anzi, cancellata la politica, ci si accorge che come tutte le aziende
gli Stati possono fallire. Può fallire anche l’Europa.
Anche qui avevo visto giusto. Nel 2001, alla Camera, dicevo. “Mai
nella storia si è vista una moneta reggere, rimanendo appesa al nulla.
Dobbiamo, pertanto, appendere l'euro alla bilancia di una giustizia
comune, alla spada di una difesa comune, ad una politica economica ed
estera comune”. Senza una Europa politicamente unita che la sostenga,
concludevo, la moneta comune crollerà. E infatti l’euro rischia adesso
di ctrollare. C’è da sperare che, spinti dal terrore per il disastro
imminente, i governi diano finalmente, subito, all’Unione Europea i
poteri sovra nazionali necessari. Che creino l’Europa politica, senza la
quale l’Europa monetaria e l’Europa stessa non sopravvivranno. Più in
generale,nel mondo,la globalizzazione, ovvero la economia globale e
senza frontiere, è un bene. Ma se c’è un contrappeso, se è bilanciata da
una politica altrettanto globale e senza frontiere. Per questo, da anni
insisto sullo slogan “la politica globale”. La politica globale. Sino a
che la politica non sarà globale, non conterà e il potere unico sarà
quello del denaro. Con i risultati che si vedono.
Veniamo a noi. La crisi mondiale in atto ha creato l’esigenza
impellente, disperata, di voltare pagina verso un governo di unità e di
salvezza nazionale. E’ esattamente il governo che ho cominciato a
chiedere per la prima volta al congresso di Montecatini del 2008.
“Tutte le emergenze- dicevo allora- si sono aggravate e moltiplicate.
Forse il meglio della sinistra e il meglio del centro devono trovare
una intesa. Forse la parte raziocinante, politica e non anti
politica,responsabile e non populista, dei due schieramenti, quella che
si richiama alle grandi tradizioni culturali della prima
repubblica(socialista e democristiana) deve affrontare le emergenze
irrisolte e aggravate con uno sforzo di unità nazionale. Consiglio di
restare leali nel centro sinistra, ma di cominciare a tessere la tela
bipartisan dell’unità nazionale. Anche se oggi tutto sembra congiurare
contro questo disegno, forse, ancora una volta, i fatti ci daranno
ragione”. I fatti ci hanno davvero dato ragione. In pratica l’unità
nazionale c’è. Anche se una classe dirigente politica senza coraggio non
ha osato metterci la faccia. Ipocrisia e vergogna. Non solo. Infinite
volte ho ripetuto quale è a mio parere la parte non responsabile,
populista, anti politica alla quale mi riferivo. Il leghismo da una
parte, il dipietrismo dall’altra. Infinite volte ho insistito sulla
necessità di emarginarli entrambi. Bene. Fuori uno. La Lega si è
emarginata da sola. Adesso aspettiamo il fuori due (siamo a un passo):
fuori anche Di Pietro. Vanno fuori da sé. Perché da miserabili
demagoghi quali sono contano di cavalcare la protesta per lucrare
qualche punto percentuale in più. Si sta delineando dunque, al cento
per cento, tutto quello che avevamo sperato e anticipato.
E non è finita. Il PdL si prepara ad esplodere, creando tre grossi
frammenti. Da una parte i nani e le ballerine:noi li arginavamo nei
corridoi dell’assemblea nazionale. Berlusconi li ha portati nel
Parlamento e nel Governo, ma sono finiti. Da un’altra parte gli ex
fascisti. Da un’altra parte gli ex socialisti e democristiani. Il PdL
esploderà. Ma vedo forti possibilità di esplosione anche nel PD, un
altro contenitore senza radici, né storia, né cultura. Si reggevano a
vicenda. Cadranno insieme.
E’ il nostro momento. Devo ringraziare i dirigenti del Partito e voi
tutti per averci condotti vivi sino a qui. Grazie per la vostra
generosità e il vostro coraggio nel “Non Mollare”.Consiglio di insistere
su alcuni punti.
Primo. Il tipo di bipolarismo che dura da vent’anni(il ventennio
perduto) ci ha portato alla rovina. Chi lo vuole continuare come niente
fosse è un irresponsabile. Ma è soprattutto un opportunista. Diciamo la
verità. Questo bipolarismo ha creato una classe dirigente politica
penosa. Questi dirigenti, a destra come a sinistra, sanno che spariranno
se sparirà questo bipolarismo ammalato(Del Bue lo ha chiamato questa
mattina “bastardo”) che li ha miracolati. Ci si aggrappano contro gli
interessi del Paese.
La politica è sospesa. Dobbiamo usare il tempo del governo Monti per
smontare e rimontare, scomporre e ricomporre il sistema politico. Lo ha
detto prima anche Martelli., Dobbiamo lavorare in una fase che è ormai
in pratica costituente. Siamo stati gli unici a chiedere da anni una
costituente e un processo costituente è ormai nei fatti. Prepara il
ritorno della politica. E la nostra identità socialista è la carta che
tutta la sinistra deve giocare quando la politica ritornerà. L’unica
possibile. Nencini lo ha detto ieri con efficacia. I nuovisti del PD
hanno trattato con sufficienza i socialisti europei, senza capire che
presto forse torneranno al governo a Parigi e a Berlino, e decideranno
il futuro dell’Europa. Solo loro possono salvarla. I nuovisti del PD
credevano di andare oltre la socialdemocrazia, e sono approdati al
nulla.
Mentre la politica è sospesa, bisogna appoggiare il risanamento
tentato dal governo Monti , al quale la sola alternativa è la
catastrofe. Vorrei essere chiaro su questo punto. Prima ho usato parole
di fuoco contro il Casinò senza frontiere costruito dai liberisti, che
ha distrutto l’economia mondiale. Ma non c’è contraddizione. Bisogna
distinguere infatti due binari paralleli.
Su un binario, va condotta una battaglia culturale e morale contro il
liberismo senza regole, una battaglia che non si può vincere in un solo
Paese, perché ha come orizzonte minimo l’Europa, perché può avere come
protagonista, a sinistra, non un partito nazionale, ma solo il Partito
socialista europeo e l’Internazionale socialista(se ne saranno capaci).
Questa battaglia riguarda non la politica nazionale, che è assolutamente
ininfluente, ma la politica globale.
Sull’altro binario, vanno presi i provvedimenti di risanamento
ordinati dall’Unione Europea e dal Fondo Monetario Internazionale. Un
singolo Paese infatti non può mettersi di traverso senza essere
stritolato. La politica è l’arte del possibile. Papandreu è un
economista e un leader socialista. Conosce le colpe del liberismo meglio
di me e di Vendola. Ma ha fatto quello che doveva fare e che in una
certa misura farà Monti.
L’attuale sospensione della democrazia, l’attuale privatizzazione
della politica, era ed è un passaggio obbligato. E tuttavia c’è una
speranza, un motivo profondo di riflessione. Se l’Italia si salverà, chi
l’ha salvata? I nuovisti? I demagoghi? La antipolitica? I giovani
rottamatori come Renzi? No. Un uomo di 86 anni che è esattamente il
prodotto della grande scuola politica della prima Repubblica. Giorgio
Napolitano. Un vecchio militante della sinistra che è diventato
socialdemocratico. Il suo consigliere Arrigo Levi, non per caso, ha nel
suo ufficio la fotografia di Pietro Nenni.
Concludo. Mi è piaciuta molto la pubblicità che si vede nelle
stazioni. E mi ha sollecitato una riflessione. Il nostro è un Partito
unico. E’ guidato da giovani e da anziani(molti). Ma questo conta poco.
Non seguiamo i finti modernizzatori che hanno sostituito alla lotta di
classe la lotta di classi(classi di età). Il nostro è un Partito unico.
E’ l’unico( guardiamoci intorno) non più guidato dalla nomenclatura che è
stata ininterrottamente alla ribalta, in prima fila, negli ultimi
decenni. Qui non ci sono i leader del PCI, della sinistra democristiana,
del MSI che fanno i leader ancora oggi. No. Anch’io, ad esempio, faccio
il militante del partito, e basta. E sì che sono un socialista, non un
ex fascista o comunista, e avevo pertanto ragione. Il PSI è un partito
nuovo, ma nello stesso tempo antico, perché ,ancora è l’unico, l’unico,
che non ha cambiato nome e simbolo, l’unico che trae dal suo passato
orgoglio, legittimazione e identità. Soltanto esistendo, soltanto
essendo vivi, sottolineiamo la cattiva coscienza dei partiti
trasformisti. Anche per questo non ci vogliono bene. Politique d’abord,
diceva sempre Nenni. Quando la politica tornerà, e tornerà presto, il
partito socialista, nuovo e antico, avrà un ruolo chiave nella sinistra.
Finalmente la convincerà che non ha futuro una sinistra senza una
famiglia internazionale, e senza radici. Perciò fuori dal mondo(perché
senza famiglia) e fuori dalla storia( perché senza radici). Vogliamo
essere il piccolo seme di una sinistra nuova e antica. Vogliamo far
crescere una grande sinistra, come noi nuova e antica. Auguri, buon
lavoro. E ancora grazie. Grazie per avere resistito un minuto di più
della tragicomica seconda Repubblica. Che è finita sotto le macerie
dell’economia. La sua fine ci rimette finalmente in gioco.
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